Siamo nell’anno 1832, una madre bernaldese, stretta dall’indigenza, volle portare il proprio figlio alla casa degli esposti che si trovava a Pisticci. Al calar del sole parte a piedi con il bambino in braccio verso Pisticci, in prossimità di Torre Accio dove di solito era possibile il guado del fiume,ma quel pomeriggio il fiume Basento era in piena e non potè attraversarlo e quindi , impossibilitata a raggiungere Pisticci,la donna abbandonò il neonato su di un cespuglio nell’alveo del fiume, fatto di tamerici e salsuggine e risalì a Bernalda.
Il mattino seguente , di prima ora, la donna ritornò sul posto e trovò il bambino infreddolito che piangeva, ma ancora vivo. La donna con l’aiuto dei passanti, riuscì a guadare il fiume e si diresse finalmente verso Pisticci, ma dopo un’ora di cammino la donna si accorse che il bimbo non dava segni di vita e lo abbandonò sul bordo della strada, nei pressi di una fontana, certa che la pietà delle donne che venivano alla fontana l’avrebbero raccolto. La donna fu arrestata e i medici verificarono che la causa della morte fosse il digiuno, ma si aprì un caso giudiziario controverso.
Un fatto del genere oggi avrebbe riempito non so quanti programmi tv nei vari talk show, ma…siamo nel 1832 a Bernalda
Un caso di miseria,emblematico che ci ricorda le condizioni in cui versava la nostra terra quasi due secoli fa.
Si riportando integralmente le conclusioni della causa contro Domenica M. del 17 agosto 1832. XXXIII Della esposizione de’ fanciulli .Art.404 ll.pen.
SIGNORI , se la corte suprema non potesse guardare che le sole contravvenzioni alla legge vietate a pena di nullità fra troppo brevi confini languirebbe ristretta la sua giurisdizione. Ella sovra-sta a tutti i corpi giudiziarii per mantenere l'esatta osservanza di tutte le leggi, e per richiamare alla loro esecuzione chiunque se ne allontana . Ove le violazioni menino a nullità, egli è giusto che la corte suprema annulli ove non sieno di questo numero,è dritto ch'ella non le lasci inosservate: e spesso più coll'osservare, che coll'annullare, giunge al nobile scopo della sua istituzione. Di questo genere è il giudizio che in questa causa dà la granorte della causa fisica della mortedel bambino, della di cui esposizione trattiamo. Untal giudizio non può essere da voi annullato, perchèè un giudizio di fatto . L'error logico non mena a nullità, come non mena a nullità il difetto di di-ligenza onde evitarlo. Ma dobbiamo per ciò lasciarlo inosservato?
Il corpo del delitto è qui un fanciullo di pochi giorni, morto d'inedia. Ma nè l'instruttore, né il procurator generale, nè il difensore dell' accusata,nè la grancorte, niuno osservò che i periti impie-gati nell'autopsia di quel picciol cadavere, non indicarono altro fatto da cui si derivasse il loro giudizio, fuor che quello dello stomaco perfettamente digiuno. Ed in vero il digiuno può esser causa della morte, ma quando è estremo; e per dirlo estremo,conviene che si scenda ad altre esaminazioni, che qei periti non fecero. Gli scrittori di medicina legale, e fra gli altri il nostro ch. professor PASQUALONI che va fra le mani di tutti, ci son garanti che quando il prolungamento del digiuno diventa fatale fino a questo punto, manifesta i suoi tristi effetti nella pallidezza della cute,nell' aridità degl' intestini, nella siccità di tutta la macchina, e nella lingua e nel gozzo che appariscono come brugiati. A nulla di ciò posero mente i periti, nè i magistrati, nè il difensore. Tutti tennero quella perizia come un fatto da non mettersi in controversia. Nel che io trovo principalmente a riprendere il difensore, la di cui sagacità doveva essere tanto più sollecita e meno taciturna, quanto più povera ed ignorante era la misera alla sua religione ed al suo ingegno affidata. Una revisione di perizia, o almeno la dimostrazione per mezzo d'altri periti della vanità della prima perizia, l'avrebbe salvata. Da un ingenere così imperfetto, e con sipoca avvedutezza lasciato passare, non è maravigliache ne sia seguita una dichiarazione di reità ancorpiù negligente. L'art. 375 ll. pen. punisce di prigionia chiunque per disaccortezza, imprudenza,
disattenzione o negligenza, sia involontariamente cagionedella morte di un uomo. L'art. 404 è un'eccezione a questa regola generale, nel caso dell' abbandonoo della esposizione d'un fanciullo.
S'ei muore pereffetto di questa esposizione o abbandono non vi ècertamente in chi l'espone il fine diretto di farlo perire. Ei dunque morrebbe per l'imprudenza, per lafretta, per la negligenza di colui cui era affidato.
Con tutto ciò, sollecita la legge della vita d'una creatura innocente, che non ha altro scampo che la pietà e la cura di costui, ne aggrava la pena fino alquarto grado di ferri, da non applicarsi mai al mi-nimo del grado. La grancorte criminale ha creduto che questa donna fosse nel caso della eccezione, e non già della regola. Le ha dunque applicato l'arti-colo 404. Vediamo con quanta ragione.
La grancorte ritiene in fatto che la madredi quel bambino, stretta dalla indigenza, commisea costei di recarlo da Bernalda sua patria a Pisticci,ove esiste una casa di beneficenza per gli esposti; che al declinar del giorno partita costei con quel pegnoinfelice, trovò si gonfio il fiume il quale divide i dueterritorii, che non potette guadarlo; che astretta a tor-mare in dietro, adagiò l'infante sull'erba sotto un ta-marisco, o tamarigia , pianta fruticosa che in queiluoghi i volgari nominan salsuggine; che vi tornò dibuon mattino nel dì seguente, e lo trovò vivo.- Questo è il primo fatto. L'esposizione del fanciullo fin quinon ne produsse la morte.- Viene il secondo fatto. Col fanciullo ancorvivo fra le braccia, la donna valica il fiume con l'a-iuto di qualche passatore; ma dopo un'ora di cammino, presso quasi a Pisticci, parve a lei ch'eirendesse l'estremo sospiro. Giudicatolo morto, lo posead uno de' lati della strada, certa che la pietà delledonne che venivano dalla fontana, lo avrebbe raccolto.
Ecco due volte abbandonato il fanciullo; laprima volta ancor vivo sotto quel frutice, la seconda sulla strada, nè so in quest'ultima, se veramente morto o mal vivo: perciocchè quei periti, sì solleciti ad aprire co' lor ferri quel corpicciuolo, che pur vede-vano senza alcuna esterna lesione, niun esperimentopria fecero per riconoscere se il suo stato era pruttosto d'una cessazione di funzioni vitali, facili in questi casi a redintegrarsi, o della estinzion totale diesse tanto la povertà rende poco attiva l'opera findi coloro che professano le arti della salute e dellaconservazione della vita dell' uomo!
Intanto dal primo fatto della sera non era avvenuta la morte quella pianta fluviale, co'suoi rami alternamente diffusi, e foltissimi di foglie, difese dalgelo notturno quel caro deposito, assai più che ladonna non pensò di fare. Vivo la mattina fu rinvenutoil bambino; e se colei gli avesse procurato un alimento, non sarebbe perito: egli spirò fra le sue bracciadopo aver valicato il fiume; per lo che ella deposein terra, secondo ch'ella stessa credette, e secondo checrede la grancorte, un fanciullo già morto. Ciò adunque non rivela altro che la inescusabile balordaggine di lei, la quale neppur fece pruova di rianimarne col suo fiato il già mancato respiro; chè nullaella dice aver fatto per adempiere all' obbligo didargli un alimento; degna perciò che tutta in lei siesaurisca la pena dell'art. 375. Voluntatis est suscipere mandatum necessitatis est consummare .
Ma che? La giusta indegnazione ch'ella desta con tanta trascuraggine, può farci correre ad approvare una pena che le sarebbe convenuta se unafiera in quella notte avesse dilacerate quelle membrainnocenti? La provvidenza, direbbe PLATONE non permise ciò, sebbene impediti poi non avesse più naturali accidenti, e no'l permise appunto per proteggerla donna, affinchè non soffrisse una pena che sarebbeandata al di là del suo vero reato. Ella non cercòne' vicini abituri un qualche nudrimento al fanciullo: ecco la sua colpa; perchè solamente questolungo digiuno, secondo che si convince la grancorte, produsse la morte. Pel fatto poi della mattinala deposizione sulla strada di un morto fanciullo, nonè lo stesso che la deposizione fattavi d'un fanciullovivo, sì ch'egli abbandonato per sempre, ne muoia.10. L'art. 404 è così conceputo: se in con-seguenza dell' abbandono o esposizione il fanciul-lo rimanga morto, ferito, contuso, storpiato o mu-tilato, il colpevole, secondo i casi, sarà considerato e punito come reo volontario di questi reati: le pene non saranno applicate nel minimo delgrado. Perchè dunque questa donna possa essere considerata e punita qual rea volontaria di omicidio, a-vrebbe dovuto definirsi ch'ella ebbe intenzione di ab-bandonare il fanciullo, e che questo morì in conse-guenza dell' abandono. Ma ella fu sì lontana dal pro-posito di abbandonarlo, che al primo spuntar dell'aurora si affrettò a raccoglierlo di nuovo per adempiere la sua commessione. Nella sua picciola mente nonsi era affacciata miglior via di salvarlo, che quellach'ella tenne tenne. Nè questa il perdette; chè iperiti non parlano che di digiuno ; e o ch' ei fossestato tenuto fra le braccia per tutta la notte,o chefosse rimasto sotto quel frutice, sarebbe stato indif-ferente: vi occorreva bensì qualche alirimento perprolungarne l'esistenza. Il fatto dunque ricade evi-dentemente nella sanzione dell'art. 375, non dell' articolo 404."' Perciò dimando l'annullamento della decisione .
E così fu..
